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Il cibo del mondo – 21 settembre 2013

Si è svolto sabato 21 settembre presso la nuova sede del CAM a Monza l’evento dal titolo “Il cibo del mondo. Alimentazione e salute in una società multietnica”, proposto come momento di riflessione ed analisi del rapporto esistente tra cibo, cultura, stili di vita e salute.

L’importanza del cibo per la salute e l’influenza della nutrizione sulla qualità di vita e sul lavoro sono noti da tempo. Il cibo è sempre stato sin dall’antichità il primo “farmaco” e ancora oggi molte medicine tradizionali utilizzano gli alimenti come elementi essenziali delle loro terapie. Solo in questi ultimi anni, però, la globalizzazione, che ha interessato in modo sempre più crescente gli scambi commerciali e le relazioni culturali, influenza profondamente anche le abitudini culinarie e i gusti alimentari.

Per chi viaggia o emigra per lavoro in altre parti del mondo conservare le proprie consuetudini nel mangiare è un vantaggio o rappresenta un problema in termini di salute, d’inserimento e di risultati produttivi? Per noi, che spesso solo per moda preferiamo alla nostra tradizionale “cucina locale” la più esotica e affascinante “cucina etnica”, queste nuove consuetudini nutrizionali come incidono sul lavoro, sulla salute e sulla vita? Sono queste alcune delle domande alle quali cercherà di dare una risposta il convegno organizzato dal CAM in collaborazione con il Centro studi sulla storia del pensiero biomedico dell’Università di Milano Bicocca (www.cespeb.com).

L’incontro s’inserisce in un percorso di approfondimento culturale inerente i rapporti tra gastronomia e sanità. Segue quello realizzato da Cespeb e CAM alcuni anni fa sul tema “Il cibo come farmaco. Per una cultura alimentare della salute.” Questi congressi sono nati nella prospettiva dell’Expo 2015, che si svolgerà a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre 2015 e che ha come tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. A sottolineare come il convegno monzese sia in linea con le tematiche dell’Esposizione Internazionale di Milano, il Comitato Scientifico di Expo 2015 ha concesso il suo patrocinio all’evento.

Un saluto è stato portato dal sindaco di Monza Roberto Scanagatti, mentre il benvenuto è stato dato dall’Assessore all’Istruzione e Università, Politiche Sociali e Familiari e Programmazione Sociosanitaria della Provincia di Monza e Brianza Giuliana Colombo.

L’incontro si è articolato in una parte teorica, con diverse relazioni sul tema “cibo globale” e in una parte pratica, durante la quale, a cura della Scuola Alberghiera del Collegio Ballerini di Seregno e dell’Associazione Cuochi Brianza, si è svolta una degustazione guidata su “cucina locale e cucina etnica a confronto”.

Nella prima parte dell’incontro Vittorio A. Sironi, direttore del Centro Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico dell’Università di Milano Bicocca, ha evidenziato come nascono storicamente, tenuto conto dei vari fattori naturali e ambientali, le abitudini alimentari che, trasformate, modulate e riplasmate dall’esperienza umana, si trasformano in “culture alimentari”, in grado – queste ultime – di incidere profondamente sulla salute. Si pensi, ad esempio, all’alta incidenza dei tumori gastrici nelle popolazioni giapponesi e orientali, che si nutrono di cibi conservati sottosale perché hanno difficoltà ad assumere quotidianamente cibi freschi e verdura e frutta. Al contrario chi ha la fortuna di poter disporre di molta frutta e verdura, di pesce e di olio d’oliva – come è alla base della cucina mediterranea – può disporre di una “dieta” che la cultura enogastronomica ha consolidato come uno dei capisaldi del buon vivere e la medicina come un elemento essenziale del lungo vivere e del vivere in salute. Aspetti socioeconomici (si pensi alle malattie dei poveri – tisi, rachitismo, pellagra, gozzo ipotiroideo – da cattiva o insufficiente alimentazione o al contrario oggi a quelle di ricchi, da eccesso di alimentazione – diabete, dislipidemie, patologie cardiovascolari, obesità -), fede religiosa (limitazione di alcuni cibi per i musulmani, o magro e digiuno per i cristiani), e sclete ideologiche (si pensi ai vegetariani che liberamente decidono di non mangiare carne) sono altri elementi che forgiano le culture alimentari e incidono quindi direttamente sulla salute.

L’uomo è ciò che mangia, ha ricordato il farmacologo Michele Carruba dell’Università degli studi di Milano, sottolineando come la “dieta mediterranea” è unanimemente considerata in ambito medico come la migliore possibile per vivere sani e a lungo, ancora meglio se ha ciò si unisce movimento regolare e assenza di fumo.

Gabriella Morini, biochimica e docente dell’Università di Scienze Gastronomiche della Slow Food, ha messo in luce come vi siano dei gusti universalmente apprezzati, legati anche alla storia evolutiva della nostra specie. Il dolce è un gusto apprezzato in tutte le culture alimentari perché è sinonimo di cibi energetici; il salato è ugualmente generalmente ben considerato perché in tal modo assicura all’organismo la giusta quantità di sali necessari per il suo equilibrio e il suo benessere; il sapido – o umami – richiama il gusto della carne ed è apprezzato in vario modo nelle diverse culture alimentari; infine l’amaro è un segnale di pericolo, tipico delle erbe velenose (quindi da evitare) o dei cibi avariati (da non mangiare).

Emilio Minelli, vicedirettore del World Health Organisation Collaborating Centre for Traditional Medicine, ha sottolineato l’importanza dei cibi nella pratiche sanitarie della medicina cinese, puntualizzando come alcune ricette tradizionali utilizzate come rimedi in questa cultura medica possano essere applicate, usando ingredienti locali con le stesse caratteristiche organolettiche di quelli utilizzati in Cina, anche da noi.

Infine Marco D’Orso, medico del lavoro dell’Università di Milano Biccoca, ha illustrato i problemi che le diverse culture alimentari dei lavori extracomunitari (in particolari quelli di fede musulmana) pongono sull’ambiente di lavoro e in ambito scolastico, in modo particolare quando, durante il Ramadan, il digiuno diurno rischia di creare condizioni potenzialmente pericolose sui luoghi di lavoro.

In chiusura Marialuisa Lavitrano, prorettore dell’Università di Milano Bicocca e componente del Comitato Scientifico di Expo 2015, ha illustrato le finalità della manifestazione internazionale del 2015 e il percorso in atto per arrivarci.

E’ possibile vedere una sintesi degli interventi collegandosi ai seguenti link

Allegati:

Medicina interculturale – 24 maggio 2013

In un mondo globalizzato e in una società multiculturale nessun malato deve sentirsi “fuori luogo”.

In luoghi geografici differenti, spesso lontani dai paesi di origine, i contesti culturali variano e, di conseguenza, anche le pratiche terapeutiche e i farmaci che vengono proposti come elementi di cura devono tenere conto di questo. La necessità di offrire una “medicina interculturale” (in grado cioè di ricomporre tra loro culture e malattie, luoghi e persone) deve essere un elemento da tenere in considerazione quando il medico propone una soluzione terapeutica a un malato che appartiene a una tradizione culturale differente dalla propria.

L’arte dei farmaci: 16 maggio 2011

Si pensa solitamente ai farmaci solo come efficaci ed efficienti strumenti terapeutici per riconquistare la salute persa o evitare la malattia. Da quando però, oltre un secolo fa, è iniziata la produzione farmaceutica dei medicinali, essi hanno incorporato anche una valenza che trascende la pura dimensione farmacoterapeutica: gli aspetti esteriori legati alla loro presentazione (come pillole, capsule, fiale, sciroppi), al loro confezionamento, alla loro distribuzione, al loro nome commerciale sono andati assumendo un’importanza via via maggiore, speculare al valore curativo dei rimedi.

Analizzare la dimensione estetica dei farmaci è stato lo scopo del workshop “L’arte dei farmaci”, organizzato dal CESPEB nella giornata di lunedì 16 maggio 2011 presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Milano Bicocca. Attraverso un percorso artistico-cromatico e letterario-simbolico, questo evento vuole aiutare a cogliere l’essenza curativa vera dei farmaci, senza restare succubi di un uso improprio e sconsiderato che il fascino estetico può esercitare sulle persone.

Una lezione di educazione e prevenzione medica che parte dall’arte delle pillole.

E’ possibile scaricare sotto alcune presentazioni relative all’evento In concomitanza con il Workshop è stata allestita dal 16 al 26 maggio la mostra “Pillole d’Arte” presso la sede della la Facoltà di Medicina dell’Università di Milano Bicocca.

Il bisturi e la penna 19 novembre 2011

“In medicina le parole hanno sovente un ruolo e un peso non minore del farmaco e del bisturi, tale è la forza che possono convogliare nel complesso “rapporto di cura” che lega il medico al malato”, afferma Vittorio A. Sironi, docente di Storia della medicina e della sanità e direttore del Centro studi sulla storia del pensiero biomedico dell’università di Milano Bicocca nel presentare la giornata di studi del 19 novembre 2011, organizzata in collaborazione con l’Azienda ospedaliera San Gerardo e l’Assessorato all’Edicazione, alla Famiglia e alle Politiche Sociali di Monza, sui rapporti tra medicina e poesia in occasione la ricorrenza della scomparsa, centocinquant’anni fa, del medico-poeta (com’egli stesso si definiva) Giovanni Rajberti.

Nato a Milano il 18 aprile 1805, laureatosi a Pavia in Medicina nel 1830, egli esercitò la professione di chirurgo presso l’Ospedale Maggiore della sua città natale sino al 1842, anno in cui si trasferì come primario chirurgo presso l’ospedale di Monza, città nella quale morì l’11 dicembre 1861.

Spirito vivace e animo rivoluzionario, Rajberti non era tenero con i governatori di allora (le sue idee risorgimentali furono una delle ragioni per le quali fu costretto a lasciare Milano), né lesinò critiche ai colleghi e alla medicina del tempo, denunciando “certi pregiudizi del popolo, rivelatori – come scrisse – di deplorevoli condizioni sanitarie imputabili, per sottintesi, alle autorità governative”.

Nemico dichiarato dell’omeopatia e delle altre “mode” sanitarie allora in voga (l’idroterapia e il magnetismo) nonché dei rimedi che non giovavano al paziente bensì solo a chi li produceva, la sua opera letteraria in versi meneghini si colloca nell’alveo della migliore poesia dialettale milanese, che da Carlo Maria Maggi (1630-1699) attraverso Carlo Porta (1775-1821), Giuseppe Bossi (1777-1815) e Tommaso Grossi (1790-1853), sarebbe giunta, attraverso la stessa opera di Giovanni Rajberti, alla poesia novecentesca di Giovanni Barella (1884-1967), Delio Tessa (1886-1939) e Franco Loi (1930-vivente).

Il ruolo critico e terapeutico del verso, nell’ambito di una pratica – quella medica – in cui la parola (ancora più se in rima) può assumere una valenza non solo esplicativa, ma anche consolatrice e curativa, è il filo conduttore della riflessione che, partendo dalle vicende biografiche e bibliografiche di un personaggio che tanta parte ha avuto nella storia di Milano e di Monza, porta a cogliere l’importanza della componente “artistica” di una disciplina – la chirurgia – dove il bisturi e la penna possono non solo coesistere, ma anche reciprocamente integrarsi.

Il programma prende avvio da una riflessione, in parte autobiografica, della poetessa Stefania Crema (Medicina e poesia: il verso come terapia) a cui seguono interventi dello storico della medicina Vittorio A. Sironi (La vita avventurosa di un medico poeta tra Milano e Monza), dello storico della salute Giorgio Cosmacini (Rajberti e la medicina del suo tempo), del ricercatore Michele A. Riva (Le opere del periodo monzese), del direttore della Biblioteca Civica di Monza Giustino Pasciuti (Le carte su e di Rajberti presso la Biblioteca di Monza) e si chiude con una relazione dell’ex-direttore della Biblioteca Civica di Monza Giuseppe Colombo (Rajberti e la poesia dialettale milanese).

Mente e Cervello 11 ottobre 2010

Le tecniche di stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation) hanno preso in questi ultimi anni, in ambito neurochirurgico, il posto delle tecniche di ablazione utilizzate, in precedenza, per il trattamento dei disturbi del movimento.

Accanto alle iniziali applicazioni (morbo di Parkinson, sindrome di Tourette) si sono via via aggiunte nuove indicazioni: epilessia, cefalea a grappolo, disturbi psichici (sindrome ossessiva-compulsiva, psicosi farmaco-resistenti, gravi depressioni) e disturbi della condotta alimentare (obesità, anoressia).

Questo impone nuove riflessioni: stabilire se e come procedere sul piano scientifico (trials clinici), definire norme di tutela per i pazienti e metodologia di condotta degli operatori, puntualizzare i problemi giuridici ed etici sulla liceità di questi interventi che portano a una “manipolazione” del cervello che influenza anche la mente.

Sugli aspetti scientifici ed etici di queste moderne tecniche di neuromodulazione cerebrale il CESPEB e il IRCCS Galeazzi hanno organizzato nella data di lunedì 11 ottobre 2010 un convegno presso l’Auditorium dell’edificio U12 dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.

Il Cibo come farmaco – Pillole d’arte – Farmaci tra le righe

Eventi correlati al Congresso “La vita dei farmaci” (21-24 settembre 2009)

IL CIBO COME FARMACO (Teatrino di Corte della Villa Reale di Monza, 20/09/09)

FARMACI TRA LE RIGHE (Mostra in esposizione nella sede del Congresso)

PILLOLE D’ARTE (Mostra in esposizione nella sede del Congresso)

La vita dei farmaci: Milano 21-24 settembre 2009

PREMESSA AL CONGRESSO

L’uso dei farmaci di fronte agli eventi avversi della salute è un elemento comune a tutte le culture mediche. Il farmaco rappresenta anche uno degli indicatori più significativi del “sistema salute”, essendo in grado di esprimere concretamente le strategie politiche di un Paese nel rapporto tra l’attenzione ai bisogni sanitari e la risposta a questi bisogni. Il farmaco inoltre costituisce ovunque un elemento di primaria importanza sulla “scena terapeutica” tra i mezzi utilizzati per ottenere il superamento di uno stato di malattia.

L’aumento del consumo di farmaci è diventato esponenziale in questi ultimi decenni, ponendo innumerevoli problemi di ordine sanitario, sociale ed economico che hanno bisogno di soluzioni.
Data la complessità e l’interazione dei fattori in gioco, oggi la risposta alle domande suscitate da questi problemi può venire solo da un approccio interdisciplinare, in grado di spingere i ricercatori a superare i confini della loro disciplina d’origine per trovare uno spazio comune su cui confrontarsi.

Sempre più sovente l’impatto terapeutico di un farmaco, accanto all’azione puramente farmacologica, è fortemente influenzato da innumerevoli fattori extrasanitari: valenze antropologiche, risvolti psicologici, condizionamenti sociali, implicazioni culturali, dimensione religiosa, scelte politiche. In questa prospettiva il farmaco diventa un oggetto complesso dalle molteplici sfaccettature e un “prodotto” in costante evoluzione, plasmato in modo sempre più netto sia dai saperi scientifici e che dalle componenti extrascientifiche, entrambe in grado di modificarne la conoscenza e condizionarne in maniera sempre più decisa l’azione (vendita, assunzione, effetto).

Scopo di questo convegno, appositamente concepito in una dimensione interdisciplinare, è dibattere questi temi di grande attualità per consentire a tutti di avere un sguardo più disincantato sul prodotto farmaco: strumento al tempo stesso di salute, ma anche fonte di guadagno, stimolo per la ricerca e per la conoscenza, ma anche oggetto di manipolazione scientifica e mediatica, elemento di cura ma anche fattore di mediazione interculturale. Cogliere insomma del farmaco, accanto a una rilettura e un aggiornamento delle dimensioni scientifiche, anche quegli aspetti sino a ora poco noti o non adeguatamente considerati.

E’ una nuova prospettiva di ricerca che coinvolge farmacologi e antropologi, medici e sociologi, farmacisti ed epidemiologi, storici e filosofi, psicologi e biologi, economisti e giuristi, politici e bioeticisti. Essa nasce dalla constatazione che biologia, cultura, società, economia e politica interagiscono attivamente nel determinare l’azione curativa (o non curativa) di un farmaco.

Questa prospettiva rompe lo schema lineare del rapporto causa-effetto tra rimedio e risultato, sino a ora utilizzato per valutare l’efficacia di un trattamento terapeutico, a favore di una prospettiva circolare che evidenzia la necessità di indagare il dinamismo esistente tra rimedio e interazione individuo-ambiente, conoscenza-aspettativa, assunzione-risultato.

Nelle due precedenti edizioni del congresso, che si sono svolte a Montréal in Canada, l’analisi di questa articolata vita dei farmaci aveva affrontato in modo interdisciplinare problemi cruciali, come la concezione, la produzione e il consumo dei farmaci (nel 2005), la loro diversità e la loro complessità (nel 2007). Questo terzo congresso vuole analizzare, in modo particolare, le nuove prospettive aperte dalla trasformazione in atto del farmaco, appunto un “prodotto in evoluzione”.

La necessità di proseguire, anche al di fuori dei momenti congressuali, l’intenso lavoro di ricerca, di confronto e di scambio di idee che aveva proficuamente dato vita alle due precedenti assise e che ora consente di realizzare anche quest’ultimo convegno, ha portato alla costituzione dell'”Associazione internazionale e interdisciplinare sulla vita dei farmaci”, con lo scopo di raggruppare, in una stessa struttura, ricercatori di diverse discipline e di diversi Paesi che si occupano dei farmaci e dei prodotti sanitari.

L’Associazione ha preso vita ufficialmente nel febbraio di quest’anno e vedrà svolgersi in questi giorni la sua prima assemblea generale ufficiale.

Gli organizzatori sono felici di accogliere i professionisti e i ricercatori che partecipano a questo congresso. Milano, Monza e Montréal saranno idealmente, dal 21 al 24 settembre 2009, le capitali internazionali del farmaco: tre città unite da una comune tensione culturale derivante da un’attenta riflessione sul farmaco, un prodotto in trasformazione, analizzato da tutti i punti di vista, anche quelli meno consueti, in una serie di incontri destinati a lasciare un segno tangibile sulla scena culturale nazionale e internazionale.

Vittorio A. Sironi
Presidente del Congresso

Catherine Garnier
Presidente d’onore del Congresso

Vicepresidenti

Giancarlo Cesana
Professore di Igiene generale e applicata e Direttore del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica, Università di Milano Bicocca, Italia

Francesco Clementi
Professore di Farmacologia, Università di Milano, Italia

Sjaak Van del Geest
Professore di Antropologia Medica, Università di Amsterdam, Olanda

Pavel Hamet
Professore di Genomica predittiva e Direttore del Servizio di Medicina genetica del Centro di Ricerca CHUM, Montréal, Canada

Vittorio Locatelli
Professore di Farmacologia, Università di Milano Bicocca, Italia

Giuseppe Mancia
Professore di Medicina interna, Università di Milano Bicocca, Italia

Neuroetica: Monza 15 giugno 2009

NEUROETICA: LA NUOVA SFIDA DELLE NEUROSCIENZE

Monza, Lunedì 15 Giugno 2009
Aula Magna Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Presidente: Vittorio A. Sironi
Co-Presidente: Michele Di Francesco
Vicepresidente: Giancarlo Cesana

 

Il termine neuroetica, un neologismo creato nel 2002 da William Safire e rilanciato in ambito scientifico in quello stesso anno da Adina Roskies, condensa due diversi significati. Il primo riguarda l’etica delle neuroscienze, cioè la riflessione filosofica inerente il trattamento, il potenziamento e la manipolazione del cervello umano. Il secondo concerne le neuroscienze dell’etica, vale a dire la possibilità di analizzare come il cervello prende decisioni, qual è la neurobiologia della credenza e in cosa consiste il substrato neuronale della rappresentazione dei valori.

La neuroetica appare quindi più un campo d’indagine legato agli straordinari progressi delle neuroscienze e al complesso delle loro implicazioni etiche, legali e sociali, piuttosto che una nuova disciplina cognitiva. Una riflessione su questi temi assume dunque una valenza culturale peculiare per dare il via, anche in Italia, a un confronto interdisciplinare su questa nuova dimensione della conoscenza.

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